venerdì 26 ottobre 2007

La Storia degli Orti

C’erano una volta

Gli Orti di via Orfeo rappresentano l’unico esempio superstite a Bologna di orto urbano:
una destinazione, quella ortiva, che nei secoli passati riguardava una parte notevole dell’area cittadina ed era finalizzata al consumo privato delle confraternite e delle comunità monastiche.
Il caso degli Orti costituisce una testimonianza singolare e affascinante di continuità storica del tessuto urbano, rimasto praticamente intatto per oltre tre secoli e mezzo. Ne sono testimonianza le più conosciute piante della città e in particolare una pianta degli Orti stessi conservata nel fondo demaniale dell’Archivio di Stato di Bologna. La pianta è datata 1646 e presumibilmente accompagnava gli strumenti notarili di acquisto delle case e della chiesa di Ognissanti, situate nell’attuale via della Braina, da parte dei conviventi di San Gabriele.

Una Congregazione seicentesca

Gli Orti sorgono in una parte della città che è stata per secoli povera, marginale e poco salubre anche per la presenza di acque e scoli. Nell’attuale via Rialto scorreva fino al 1840 un canale, che aveva origine da un ramo del Savena, detto di Fiaccalcollo perché l’acqua imboccava la via con impeto, “a rompicollo” o come si diceva allora “a fiaca il collo”.
Da via Rialto, così chiamata da un ponte elevato che attraversava il canale, si staccava una via che conduceva in via Orfeo, detta Braina di Fiaccalcollo.
Su questa via esisteva un antico oratorio detto di Tutti i Santi o Ognissanti. Nel 1645 oratorio e case annesse furono vendute dai fratelli Zanchini a Giovanni Domenico Usberti che destinò le case ad uso di una Congregazione di laici conviventi, eretta dal senatore Cesare Bianchetti e da Lelio Bosio vicentino. Nel 1655 l’oratorio fu trasformato in chiesa con facoltà di officiare e l’altare fu dotato di numerose reliquie. Gli Orti, coltivati da un ortolano che risiedeva all’interno del terreno, servivano per la sussistenza dei confratelli.

Frutta, verdura, pesce

Nel 1719 chiesa e locali furono acquistati dalle terziarie servite che si insediarono nel convento, lasciando immutato l’uso degli Orti. Nello stesso secolo su via Orfeo, in corrispondenza del lato sud degli Orti, sorse un nuovo istituto di terziarie, le francescane dette di Santa Maria della Vittoria o del Pozzo Rosso. Il nome deriva da un profondo pozzo che era evidentemente molto conosciuto nella zona tanto da dar luogo a un toponimo. Anche oggi negli Orti esiste un pozzo che potrebbe essere quello antico, trasportato però in una parte diversa del terreno. Oltre a frutta e verdura gli Orti fornivano anche pesce, allevato in una peschiera costruita al centro del terreno. Quanto all’acqua di irrigazione, il Comune di Bologna aveva concesso alle terziarie servite il privilegio di attingere alle acque del Savena che, tramite il canale di Fiaccalcollo, attraversava il terreno di proprietà delle religiose.

Religiose ed educande

L’attività dei due istituti religiosi costituiva una risorsa per la comunità cittadina. Le terziarie servite provvedevano infatti all’istruzione di fanciulle e ragazze dei ceti popolari. Tra il 1760 e il 1768 le servite ospitano tra le 7 e le 15 dozzinanti. Oltre alle fanciulle vengono accolte anche vedove, donne sole e donne in difficoltà segnalate dall’autorità ecclesiastica. Alla medesima attività era destinato il convento di Santa Maria della Vittoria. Non conosciamo il numero esatto delle educande, ma sappiamo che le religiose conviventi a metà del Settecento erano una dozzina.

Arriva Napoleone

Colpiti dall’ordine di soppressione dei monasteri di vita contemplativa decretato da Napoleone, entrambi gli istituti, nonostante i loro compiti educativi, furono soppressi nel 1810. I locali delle terziarie servite e gli Orti furono acquistati da una donna di origine corsa, Caterina Imbrico Bozzio Negroni.

Il testo e' tratto dal Sito de Gli Orti di Via Orfeo

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